
Pubblicità porta a porta
Le nuove generazioni, così come gli scienziati di ogni parte del mondo, stanno ponendo alla nostra società una sfida sempre più impellente, quella di ripensare il nostro modo di vita, passando da una società di tipo consumistico, che propone il profitto ed il consumo come unico rimedio al disagio esistenziale, ad una società che pone il ben-essere, il diritto alla bellezza, all’arte, alla natura, alle relazioni umane come centro della propria esistenza.
La riduzione dei consumi energetici e materiali diviene una priorità, da realizzarsi attraverso un grande cambiamento culturale; ancora pochi decenni fa, in Italia, veniva considerato normale “gettare le cartacce per terra”, mentre adesso tutti (o quasi) sono coscienti di quanto tale gesto sia sbagliato.
In quest’ottica appare preoccupante il ricorso sempre più massiccio al volantinaggio da parte delle catene della grande distribuzione, apparentemente impegnate in una sfida tra loro per stabilire chi riesca a distribuire i depliant più grandi, di più pagine, più colorati ed accattivanti, necessari per indurre i consumatori a spostarsi dal proprio centro, consumando carburante e producendo altro inquinamento, e raggiungere i grandi centri commerciali in cui celebrare il rito consumistico di autodistruzione delle risorse del pianeta.
Ognuno di questi depliant costituisce un costo per il Pianeta Terra, come energia consumata, materiali inquinanti e non più recuperabili (vedi inchiostri e patinature della carta), processi industriali che fanno largo uso di rischiosi composti chimici, trasporti di queste masse di carta attraverso l’intero territorio nazionale, per arrivare poi nelle case dei cittadini e divenire parte dei costi dello smaltimento rifiuti dell’intera comunità.
Nel Comune di Leverano, inoltre, osserviamo costantemente che i depliant vengono depositati sulle maniglie dei portoni, o sulla soglia d’ingresso, o, infine, inseriti solo parzialmente nelle cassette delle lettere per via del numero elevato di fogli, moltiplicato per il numero dei depliant stessi, con il risultato che ingenti masse di carta vengono ad essere catturate dal vento e trasportate lungo le strade, aumentando i costi di spazzamento e trasformandosi in rifiuto
indifferenziato, con i conseguenti costi di smaltimento ed impatti ambientali.
La ragione per cui le grandi catene preferiscono questa forma di pubblicità è presto detta: tassazione ridotta ed iter autorizzativo estremamente semplificato la rendono economicamente vantaggiosa rispetto alle affissioni; occorre quindi introdurre delle modifiche al Regolamento comunale che rendano più equilibrato il ricorso a questa forma di pubblicità rispetto alle altre e che tengano conto dei suoi elevati costi ambientali.
Partendo dal presupposto che è impossibile vietare in assoluto la pratica del volantinaggio come si evince da diverse sentenze dei tribunali amministrativi, l’unica strada è rendere più efficace il già esistente Regolamento sull’imposta pubblicità del 2008.
Pertanto, con la presente, si chiede di considerare la modifica del Regolamento, secondo l’allegata proposta, introducendo alcune fondamentali novità:
1 la necessità di un’autorizzazione preliminare, già vigente ai sensi dell’art. 663 Codice Penale, che preveda l’obbligo di riportare gli estremi autorizzativi sullo stampato in distribuzione;
2 il rendere maggiormente esplicito il divieto a qualsiasi forma di distribuzione di stampati al di fuori delle cassette postali, escludendo quindi maniglie, soglie, androni o l’immissione parziale nelle cassette stesse;
3 una imposta non più basata sul numero di persone che esegue la distribuzione(attualmente pari a circa 2,5 € per persona/giorno), bensì sul numero degli stampati e sulla loro consistenza materiale (dimensioni e numero di pagine), in analogia con quanto adottato dal Comune di Roma sin dal 2008;
4 l’istituzione di un “Registro comunale delle opposizioni”, che tenga traccia di chi esprima il proprio dissenso al ricevere forme di pubblicità via posta e consegna “porta a porta” (con l’unica eccezione di quelle specificatamente autorizzate dal richiedente) e che preveda il rilascio di un apposito adesivo agli iscritti, da apporre sulle cassette postali o sui portoni.
Quest’ultimo punto è particolarmente delicato, in quanto in passato oggetto di pronunce da parte di tribunali amministrativi (vedasi sentenza del TAR Piemonte n. 742/2017).
Da un’attenta lettura della pronuncia del Tribunale si ricava tuttavia che il Giudice non ha annullato la creazione del Registro in quanto tale, bensì l’esistenza di divieti generalizzati per la distribuzione degli stampati, con l’imposizione di relative sanzioni, osservando come invece siano sempre possibili sanzioni verso specifici casi e comportamenti che violino le disposizioni comunali.
La proposta qui presentata specifica quindi, in modo esplicito, che la denuncia per il mancato rispetto della propria volontà di non ricevere pubblicità cartacea, resa evidente con l’apposizione dell’adesivo, deve essere presentata dal cittadino stesso e non essere disposta “d’ufficio”.
In questo senso l’esistenza del Registro si pone unicamente come prova pubblica della volontà specificatamente espressa dal cittadino, creando una banca dati che, previo consenso informato degli iscritti, possa essere liberamente consultabile dalle aziende interessate che ne facciano richiesta.
Al contempo, l’ideazione e la distribuzione di uno specifico adesivo, che esprima la volontà di opposizione, renderà uniforme e facilmente identificabile il diniego personale rispetto al personale incaricato alla distribuzione degli stampati pubblicitari, generando inoltre nella popolazione una “consapevolezza ambientale e culturale diffusa” sull’importanza di tale scelta.
